La Tarcoteca

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domingo, 4 de junio de 2017

Il Galeone (canto anarchico) - Belgrado Pedrini

Il Galeone, Belgrado Pedrini e la "Liberazione"
di Riccardo Venturi.

"Il galeone" è una poesia che Belgrado Pedrini, anarchico carrarese, scrisse in galera, a Fossombrone, nel 1967. Il titolo originale della poesia era Schiavi. Fu poi messa in musica da Paola Nicolazzi sulla base di una canzone popolare intitolata, curiosamente, Se tu ti fai monaca; la Nicolazzi, nel trasformarla in canzone (e in uno dei più noti canti anarchici italiani di ogni tempo), ne omise però la quarta e l'ultima strofa, che così recitano:

Nessun nocchiero ardito, 
sfida dei venti l’ira? 
Pur sulla nave muda, 
l’etere ognun sospira! 
(...)
Falci del messidoro, 
spighe ondeggianti al vento! 
Voi siate i nostri labari, 
nell’epico cimento!


Belgrado Pedrini.Fu poi pubblicata, senz'alcuna indicazione di titolo, nel giornale Presenza anarchica, a cura dei gruppi anarchici riuniti di Massa e Carrara, supplemento quindicinale a Umanità Nova, il 5 ottobre 1974.

Fin qui la storia di questa canzone scritta in galera. La quale, specialmente per il suo linguaggio, potrebbe far sorridere il lettore e l'ascoltatore di oggi. E' il linguaggio aulico di molti canti anarchici classici. Ma il sorriso scompare immediatamente quando si pensa al fatto che "Il galeone" è in realtà il simbolo stesso, anche nella parola stessa, della galera, anzi, della "galera infame". Quella dove il suo autore era rinchiuso.

Belgrado Pedrini aveva iniziato la Resistenza ben prima dell'8 settembre; era, la sua, una vita di resistenza da sempre. Durante il fascismo conduce la sua lotta clandestina, poi già nel 1942 partecipa ad azioni di lotta. Si unisce poi alla formazione partigiana anarchica "Elio" con cui lotta fino alla...

Stavo per dire "Liberazione". Ma la "liberazione" del partigiano Belgrado Pedrini si chiama galera. Nel 1942, per poter continuare la lotta, lui e i suoi compagni sottraggono ad alcuni industriali fascistoni milanesi e carraresi un bel po' delle loro ricchezze; nel 1949 il tribunale di Livorno giudica tali atti come "reati comuni" e condanna Belgrado Pedrini a trent'anni di carcere. Questa la ricompensa.

E sono galere su galere. Nel 1974, il presidente Leone gli concede la grazia; ma, appena uscito, viene rinchiuso in una casa di lavoro presso Pisa, perché deve scontare ancora tre anni per tentata evasione. Liberato finalmente dopo un'intensa campagna per la sua scarcerazione, torna a Carrara dove partecipa all'attività degli anarchici locali. Muore nel 1979 all'età di sessantasei anni. Ma per Belgrado Pedrini non c'è mai stata nessuna "liberazione" da una vita intera passata in galera. Quella del fascismo e quella dello "stato democratico". [RV]

El Galeón

Somos tripulación anémica
de una galera infame
a la que ronda la muerte
llevada por la lenta hambre.

Nunca horizontes claros
abren nuestra aurora
y en la escuálida cubierta
grita el centinela cada hora.

Nuestro día discurre
entre fétidas cadenas
somo demacrados esclavos
de cadenas de hierro estrechas.

Surge sobre el mar la luna.
rotan las estrellas en el cielo
pero sobre nuestras cabezas
siempre el mismo fúnebre velo.

Multitud de esclavos coléricos
inclinados gimen a los remos.
Rompamos estas cadenas
o de remar moriremos!

¿Qué gimen los esclavos
de esta fila de remos?
Mejor morir en las ondas
del resplandeciente océano.

Rememos hasta que la nave
se quiebra ante la rompiente
en alto los rojinegros
entre vientos hirientes!

Esa piedosa colcha
de ola espumosa y riza
que surja un día en los mártires
el sol de la anarquía.

Arriba esclavos, a las armas, a las armas!
la ola gorjea y sube
truenos, rayos y ráfagas
el galeón moribundo [se hunde].

Arriba esclavos, a las armas, a las armas!
Castiguemos con brazo fuerte!
alcanzaremos, alcanzaremos justicia !
O la libertad o la muerte!

alcanzaremos, alcanzaremos justicia !
O la libertad o la muerte!
Il Galeone

Siamo la ciurma anemica
d’una galera infame
su cui ratta la morte
miete per lenta fame.

Mai orizzonti limpidi
schiude la nostra aurora
e sulla tolda squallida
urla la scolta ognora.

I nostri dì si involano
fra fetide carene
siam magri smunti schiavi
stretti in ferro catene.

Sorge sul mar la luna
ruotan le stelle in cielo
ma sulle nostre luci
steso è un funereo velo.

Torme di schiavi adusti
chini a gemer sul remo
spezziam queste catene
o chini a remar morremo!

Cos’è gementi schiavi
questo remar remare?
Meglio morir tra i flutti
sul biancheggiar del mare.

Remiam finché la nave
si schianti sui frangenti
alte le rossonere
fra il sibilar dei venti!

E sia pietosa coltrice
l’onda spumosa e ria
ma sorga un dì sui martiri
il sol dell’anarchia.

Su schiavi all’armi all’armi!
L’onda gorgoglia e sale
tuoni baleni e fulmini
sul galeon fatale.

Su schiavi all’armi all’armi!
Pugniam col braccio forte!
Giuriam giuriam giustizia!
O libertà o morte!

Giuriam giuriam giustizia!
O libertà o morte!


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